Succede a tutti.
Era successo anche a me.
Che archiviassi la “questione San Valentino” quattro anni or sono, vivendola negli anni successivi con indifferenza.
Indifferenza, mista ad invidia per quelle coppie che vedevo dimostrarsi reciprocamente l’affetto che li muoveva.
Indifferenza, mista a forte disillusione per l’effimera visione della circostanza, consapevole che le promesse di un giorno sarebbero puntualmente naufragate infrangendosi nelle paludi dei giorni.
Indifferenza, mista ad un sentimento molto vicino alla compassione per quelle medesime coppie incoscienti del fatto che anche quelle farfalle all’interno dei loro stomaci sarebbero bruciate, come tutto quello che tocca l’amore, al primo calore del sole di primavera.
Invece la vita, quella adorabile villana manigolda truffaldina puttana, aveva in serbo per me rinnovati sentimenti che credevo aver malamente esaurito nelle precedenti giocate al poker dell’amore.
Così, San Valentino ritorna, ma stavolta non è un’urgenza, non è un affanno, non è vuota festa comandata.
E’ un occasione.
Un’occasione in più per mandar fuori respiri d’amore a grappoli, quello che ormai ho capito esser la cosa, sopra tutte, che mi fa stare bene.
E non mi interessa che ci sia una contropartita. Non ho attese, non ho pretese, non ho urgenza, non ho affanno. Non ho vuoto.
Ho un occasione in più per dimostrare con niente o con tutto, con un pensiero o con un pacchetto, con un bacio normale o con una celebrazione speciale, che amo, che sono in grado di amare, che non posso non amare, che scelgo di amare. Che sono viva. Che sono io. Che non mi perdo.
E quest’anno San Valentino sarà questo. Un occasione in più per donare me. Così come sono. Così come non ha senso non essere. Così come io mi vedo allo specchio. Senza maschere.
Non si può trattenere un fiume in piena.
L’ “amor ch’a nullo amato amar perdona” va, non lo si può ingabbiare troppo a lungo.
E allora che si apra nell’anima, tutte le volte che vuole, uno spiraglio, un evento, un’occasione, una ricorrenza, un giorno qualsiasi. Perchè possa andarsene, l’amore, fuori da me, e illuminare un pò un angolino di cielo con il mio sorriso.
Perchè quando amo, io sorrido.
– Mi vuoi sposare?
– No.
– Davvero No?
– Sì davvero no, non voglio sposarmi.
– Perchè non mi ami?
– Sì che ti amo ma non voglio che ci sposiamo – ecco se vuoi possiamo levare la S e ci “posiamo”.
– Ci posiamo?
– Sì ci posiamo su un bel prato di fiori magari, e dopo potremmo, se ti va, levare anche la P e così ci “osiamo”.
– Ci osiamo?
– Sì, perchè no, il prato di fiori, io e te che osiamo di noi, e magari quando i sudori saranno un odore solo, leviamo la O, così rimane il ” siamo”.
– Il siamo?
– Sì il siamo, la presenza, e una volta diventati una cosa sola , consapevoli, leviamo anche il SI per dare la nostra conferma al cielo, e tra noi rimarrá solo e per sempre ” amo”.
– Allora ricapitoliamo, sposiamo, posiamo, osiamo, siamo e amo giusto?
– Giusto.
– Lo voglio.
(Gio Evan – da “Passa a sorprendermi”)