“Mamma, tu sei la cosa più preziosa che ho!”

La vocina di mio figlio recita dal seggiolino di dietro dell’auto la frase più bella che una madre possa mai desiderare di sentire.

Ma…

C’è un ma…

Al di là dei contenuti meravigliosi, la frase contiene una stortura che non sopporto.

Io non sono una ‘cosa’. Nessun uomo è una ‘cosa’.

Consentire che un uomo possa essere definito una ‘cosa’, a prescindere che il prosieguo contenga accezioni positive o negative, è un’errore enorme.

Se definisci ‘cosa’ una persona, va da sè che tu possa vantarne un diritto di proprietà. E’ questo il triste presupposto per cui una ragazza, una compagna, una moglie vengano picchiate e persino uccise nel momento in cui scelgono di separare le loro vite da quelle dell’uomo che le ha accompagnate per un tratto. Perchè una ‘cosa’ non ha volontà, una ‘cosa’non sceglie, una ‘cosa’ non può decidere per la sua vita, una ‘cosa’ rimane immutata esattamente nel posto in cui la si lascia.

Se definisci ‘cosa’ una persona, va da sè che tu possa disporre di lei a tuo piacimento, secondo la logica della sola tua volontà. E’ questo è il triste presupposto di ogni tipo di violenza. Verbale, fisica, sessuale, morale. Una ‘cosa’ non ha sentimenti, non ha coscienza di sè… ergo sì è autorizzati, senza che intervenga in sua difesa nessun tipo di freno morale o etico, a fare di lei quello che si vuole. Da qui le offese, le botte, gli stupri, lo stalking, la discriminazione e tutta la spirale di demolizione dell’altro con l’offesa, declinata in ogni modo possibile e, quel che è più grave, senza alcuna consapevolezza della colpa.

Se definisci ‘cosa’ una persona, va da sè che tu possa valutare la sua presenza o meno nei tuoi paraggi solo ed esclusivamente in termini di convenienza, esattamente alla stregua di una merce. Ed ecco che, attingendo alle cronache recenti, che niente hanno di nuovo rispetto alla purtroppo sempiterna bruttura del genere umano, gli immigrati che arrivano coi barconi sono per definizione tout court tutti delinquenti, quindi scomodi, quindi indesiderati e la mera convenienza impone la valutazione che sia meglio se muoiono prima di arrivare. E questo perchè meno ne arrivano, minore sarà il fastidio della loro gestione o la fatica della valutazione caso per caso di cosa li abbia mossi, di quali gironi dell’inferno abbiano attraversato prima di arrivar qui, quali siano realmente le loro aspettative e aspirazioni al termine del viaggio. Esattamente come un soprammobile da spolverare, meno ce ne sono, meno tempo si dovrà perdere a ‘spolverare’ le loro vite.

Ecco perchè, essere la ‘cosa’ più preziosa della vita di mio figlio proprio non mi va. E ogni volta che sento frasi simili il mio animo ‘stride’… Non lo posso sentire.

L’ho corretto, mio figlio, cercando di fargli capire tutto questo quando gli ho riposto che non mi piace essere la ‘cosa’ più preziosa della sua vita. E ho rischiato il suo disappunto nel sentirsi opporre ad una frase detta con i migliori sentimenti di cui possa esser capace, un deciso rifiuto. Ma è importante che capisca l’enorme differenza tra le due parole.

Io sono la PERSONA più importante della sua vita, esattamente come lui è la PERSONA più importante della mia. E’ fondamentale che mi definisca così e che esiga da chiunque altro di non esser definito se non così: PERSONA.

E’ solo una parola, ma può cambiare il corso di ben più di una vita, di ben più di un pensiero condiviso in società che vantino alla vetta dei loro fondanti valori il senso del RISPETTO, da cui discende ogni altra forma di corretto vivere civile.

E’ solo una parola, ma mi auguro che aiuti mio figlio a diventare l’uomo migliore che io possa essere in grado di formare. E questo obiettivo merita ogni mio sforzo.

E’ solo una parola, ma Dio solo sa quanto sia importante definire una persona PERSONA e non ‘cosa’.

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