Lo insegnano gli antichi, lo insegnano le sempiterne regole per la costruzione prospettica, che le distanze sono fondamentali. Ogni cosa, per averne completa visione e comprensione deve essere osservata alla giusta distanza.
Anche il David di Michelangelo, nella sua perfezione assoluta, è sproporzionato e antiprospettico, con quel suo testone e le sue manone, se visto dal punto di vista sbagliato. Solo visto dal basso, reclinando la testa indietro per cercare di incontrare il suo sguardo, quasi per immaginifica simbiosi con la dimensione reale di David rispetto al gigantesco Golia, solo dal basso, dicevo, assume la sua dimensione esatta e diventa meraviglia.
Così tutte le cose della vita vanno messe alla giusta distanza, perché con essa sia chiara la loro corretta prospettiva nel complesso paesaggio della vita.
Così, ancora più importante, tutte le persone che si incontrano sul nostro cammino vanno messe alla giusta distanza, perché si possa vederle nella loro interezza, nella loro complessità, in quell’armonico miscuglio di scelte e pensieri e sensazioni ed emozioni che le rendano interessanti al nostro percorso.
Nessuno deve mai essere troppo vicino, a meno che non sia davvero più necessario coglierne l’interezza ma concentrarsi sui dettagli. Ma ho imparato che poche persone sono davvero belle, anche se scollegate dalla prospettiva che le rende complete. E sono belle perchè è bella la somma dei loro meravigliosi infinitesimi dettagli. Mio figlio è una di queste, forse l’unica. Ma forse lo guardo con la visione prospettica dell’amore.
Per tutti gli altri, se si avvicinano troppo, superato l’abbaglio della bellezza del dettaglio, se ne vede la fastidiosa posizione antiprospettica e bisogna allontanarsi, recuperare la giusta distanza. Se sono troppo distanti, non se ne vedono bene i punti di luce e ombra, come immagini sfocate da miopia perdono ogni loro interesse, lasciando spazio solo alla curiosità di avvicinarsi per veder meglio o alla necessità strizzare gli occhi per definirne i contorni, col rischio però che poi quello che si vede oltre la nebbia non sia poi così bello.
Ogni persona deve essere messa alla giusta distanza. Solo così diventa bella per la sua unicità, oltre l’idea stessa di giusto e sbagliato, oltre il concetto di bene e di male, oltre i pregi e i difetti, ma finalmente nella prospettiva corretta per essere ‘ricca’ di anima, di significato, di sensazioni, di emozioni.
Tendo da sempre ad accorciare le distanze, per un moto istintivo di curiosità e irrazionale fanciullesca contentezza per le cose nuove. Sono impulsiva, talvolta avventata. Lo faccio con le cose, lo faccio ancor più con le persone, ansiosa di tuffarmi nella bellezza delle loro vite, di comprenderne le emozioni, di penetrarne gli sguardi. Come Icaro, accorcio le distanze e le ali unte di cera si sciolgono, sempre troppo vicine al sole.
Ecco, sbaglio.
È arrivato il momento di imparare a mantenere le distanze, a metterne di nuove se nesessario, per far sì che tutto e tutti tornino nella giusta prospettiva.
E che siano di nuovo, finalmente, tutto e tutti, meravigliosamente perfetti, nella loro sublime bellezza.
Senza più alcun dolore, senza più fastidio.
prossemica e prospettiva dialogano di perfezione e di sublime bellezza
Grazie… sempre, umilmente, grazie.
Bellissime le parole
Grazie.
“Ogni persona deve essere messa alla giusta distanza.”
concento inconfutabile, non solo per questione estetiche, la giusta distanza è soprattutto una logica della psiche.