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Mi capita spesso, ultimamente, di riuscire a cogliere attimi di assoluta felicità. Quei momenti in cui tutto è in pace, in armonia perfetta. Quei momenti in cui ti rendi conto che stai davvero vivendo. Quei momenti per cui vivere sarà valsa la pena.

Mi capitano spesso, ultimamente, nei momenti di perfezione assoluta che riesco a trascorrere con l’uomo che amo. E che hanno a che fare con il battito del suo cuore che ascolto appoggiata sul suo petto, o con il suono della sua risata, o con il fruscio delle sue dita che scorrono intrecciate alle mie, o con l’ascolto e la comprensione che offre alla mia anima, prima ancora che alle mie parole. E tutto questo, e non solo, crea la motivazione al mio amore per lui.

Stasera, un momento di assoluta felicità simile l’ho provato con mio figlio. E ripensandoci, nel buio silenzioso della notte, mi sono resa conto che non mi capitava da un sacco di tempo o che da un sacco di tempo non avevo lasciato che io stessa me ne accorgessi. Che mi fermassi, per accorgermene.

Eravamo in piscina, di sera, in un’occasione di vita ‘da grandi’ per il mio piccolo ometto cavaliere. Soli io e lui, nell’ultimo gazebo in fondo, lontani da tutti gli altri. Ci avevano assegnato quello, al nostro ingresso, come se un bambino fosse un potenziale elemento di disturbo per gli altri ospiti dell’apericena mondana a bordo piscina.

C’era il riflesso dell’acqua azzurra, il cielo buio scuro, la luna incandescente, piena, alta sentinella sulle cose del mondo. E le lucine ad ornare le nervature rotonde del nostro tettuccio di paglia.

Aveva fatto il bagno, dopo cena, ma era tardi ormai. Bisognava cercare di asciugarsi un pò, poi filare a fare la doccia calda. Per convincerlo ad starsene fuori dall’acqua gli avevo dato il suo gioco elettronico.

Avremmo potuto starcene separati, ognuno sul suo sdraio, immersi ciascuno nel proprio mondo, nel silenzio chiassoso delle sciocche hit estive. Invece me lo sono preso sulle gambe.

Alto ormai quasi quanto me, peso poco meno di me, me lo sono sdraiato addosso. Lui e il suo giochino. Lo tenevo stretto con l’asciugamano perchè potesse scaldarsi un pò anche col calore del mio corpo. La sua testa vicina alla mia, la sua vocina che mi spiegava il gioco di pixels. Le mie battute sciocche, le sue risate, la sua pelle liscia e paffutella di bimbo. Le lucine, il buio, la luna, l’acqua. Io e lui.

Me ne sono accorta.

Me ne sono ricordata, di cosa voglia dire essere madre e figlio. 

E adesso prendo coscienza del fatto che mi manca davvero non poterlo più prendere in braccio, non esserne più capace. Non lo contengo più. Non riuscire più a cullarlo, a prendermi cura di lui in quel modo tattile, animalesco, fisico, come quando era un piccolo scricciolo raccolto nel mio abbraccio. 

Rimane il ruolo adulto di madre, di educatrice. La sveglia la mattina, la scuola, lavarsi, comportarsi bene. Quello sì e quello no. Ma mi mancano il calore del suo respiro che scivola nel sonno appoggiato sul mio braccio. Mi manca camminare al suo posto, lasciando a lui solo il piacere della scoperta del mondo con la testolina al pari della mia, ma senza la fatica dei passi. Mi manca la sua pelle che inizia dove finisce la mia. Ecco, è così, mi mancano queste cose. Mi manca la fisicità delle anime gemelle che esiste tra madre e figlio.

E allora forse quasi mi sforzo di concentrarmi solo sui doveri e gli obblighi. Non riesco più a tenerlo in braccio, devo far bene tutto il resto. E gli attimi di assoluta felicità diventano radi, con lui. O meglio, non me ne accorgo. Sempre di corsa, sempre troppo tardi, sempre qualcosa da fare.

E non voglio che sia così.

Credo che l’amore si mostri al mondo in un sacco di modi. Io lo mostro anche con la pelle, con le mani, con le risate sciolte, col gioco chiassoso. 

Dovrò trovare modi nuovi per far sentire al mio cucciolo il mio amore anche se non posso più tenermelo stretto e protetto sulle ginocchia. O modificare tempi e luoghi di quelli che conosco già, per renderli adatti all’età che cambia.

Perchè, voglio, esigo, pretendo per me attimi di assoluta felicità, con lui.

L’amore ha bisogno di calma e lentezza. Rallenterò.

Per non rischiare di perdermi l’armonia celeste di ogni minuscolo attimo di felicità.

Per il semplice motivo che mi appartiene.

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(immagine dal web)

 

 

 

5 Replies to “Il problema non è essere felici, è accorgersene.”

  1. Ho il tuo stesso problema, sai?
    La vita che corre, lui che cresce e io che vorrei sempre tenerlo in braccio a me… anche ora che mi arriva quasi al mento. Bisognerebbe accorgersi più spesso della felicità, di questo tipo di felicità; della felicità che un figlio, in maniera atavica e unica riesce a far provare alla sua mamma.
    Dobbiamo trovare un sistema per abbracciarli costantemente in altro modo… Se ti viene in mente qualcosa, fammi sapere.
    P.s. Racconto emozionante. Amore ovunque.

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