La messa di Natale

di Elena Brilli

La provincia è un mondo strano.

Con i suoi ritmi, le sue regole, i suoi riti.

E’ faticosa la provincia.

E il Natale è una cosa seria, in provincia.

L’appuntamento più importante dell’anno è la messa di Natale di mezzanotte, se si è un po’ più sfigati può andar bene anche quella della mattina di Natale alle 11. Nessuna ulteriore chance viene concessa.

Ma la notte di Natale, alla messa, bisogna essere assolutamente impeccabili.

Si parte subito dopo il cenone della vigilia, l’abito più bello, il cappotto più bello, il trucco e parrucco più belli, preparati giorni e giorni addietro con minuziosa precisione dei dettagli.

E niente deve andare storto.

In chiesa alle 23.00, le 23:30 massimo, ma già vuol dire che l’arrosto nel forno della cena della vigilia non è stato messo in forno all’orario giusto. Le signore parlottano tra sé chiedendosi che fine abbia fatto la signora Gina, tanto una brava donna, sempre puntuale, sempre nelle prime panche. Ahiahiai, dev’avere avuto un contrattempo. E scuotono le capigliature vaporose e imbalsamate, da una decina di giorni almeno, in senso di disapprovazione.

I signori consorti rimangono fuori a fumare. Sono uomini loro, è la notte di Natale, ma non fa mai freddo a sufficienza da poter pensare che sia sopportabile l’attesa a fianco delle comari loro mogli. E poi bisogna far presente al Signor Ingegnere che è arrivata da pochi giorni la nuova berlina titata a lucido, parcheggiata con sommo studio in modo che sia ben visibile da ogni angolo della facciata della chiesa. Le cose sono andate bene quest’anno nella fabbrichetta di famiglia, la berlina serve a dimostrare che sia veramente così, oltre ogni ragionevole dubbio. Non importa se le rate poi non verranno pagate, è la notte di Natale, non è un problema adesso.

Dentro, un tripudio di visoni e abiti di marca, tacchi vertiginosi e piedi gonfi, lacca, profumi asfissianti, lustrini e brusio continuo

Nel giro di un paio d’ore, anche meno se si esclude il tempo che bisogna per forza perdere per pregare a voce più alta della vicina di posto che, mannaggia alla miseria, si è accorta che la signora Sandra ha lo stesso cappotto dell’anno scorso, o cantare con le voci rauche e stonate inni al Signore talmente malmessi da pensare che uno dei desideri inespressi dell’Altissimo possa essere quello di essere sordo, si decidono le sorti di intere famiglie a livello di voci di paese.

Il sacerdote fatica a sovrastare il brusio e, diciamolo, a tratti è quasi fastidioso, con quella sua cantilena davvero uguale a quella dell’anno scorso.

Ma hai visto la signora Maria, che capelli in disordine?”

Non l’avevo mai vista così, dev’esser per via dei suoi figlioli.”

Io ho sentito dire dal panettiere che suo marito, il Bardazzi del Lanificio del Piano, la vuole lasciare, perché ha un’altra”

Ma via! Oh che dici! Io ho sentito dire dalla Franca che i figlioli vengon su storti, li vedo nel pomeriggio passeggiare in paese con della gente tanto brutta!”

Il cognato di mia cugina mi ha detto che il Lanificio non va per niente bene, sapete?”

Povera Maria, chissà che pena.”

E’ arrivata tardi stasera, l’ho intravista con la coda dell’occhio in fondo laggiù.”

Bisogna che dopo la vada a salutare”

Per la signora Maria, il signor Bardazzi, i loro ragazzi, il Lanificio, inizierà così un anno infernale in cui a fasi alterne, la signora sarà cornuta, il Bardazzi un malfattore, i ragazzi come minimo drogati, il Lanificio rischierà il fallimento.

Fino alle 23:00 della notte di Natale dell’anno succesivo, in cui la signora Maria metterà tutti a tacere, arrivando per prima, con la pelliccia più bella, l’abito più costoso, il trucco e parrucco più impeccabile, i figli in giacca e cravatta al fianco, il Bardazzi subito dietro, la nuova berlina parcheggiata davati al portone della chiesa. E si siederà ai primi posti. Delle prime panche. E aspetterà la vittima sacrificale da immolare sull’altare della messa di Natale per l’intero nuovo anno.

Il sacerdote biascica al microfono la frase che chiude il sipario sulla straordinaria commedia: “La messa è finita, andate in pace. E, fratelli e sorelle, Buon Natale!”

Il brusio mai sopito diventa frastuono, tutti si alzano in piedi per la scena finale.

Mi fanno male i piedi. Andiamo Luigi, devo finire di preparare le lasagne per domani. Quanto l’ha tirata lunga stavolta!”

La provincia è un mondo strano.

Con i suoi ritmi, le sue regole, i suoi riti.

E’ faticosa la provincia.

E il Natale è una cosa seria, in provincia.

Dimenticavo, Buon Natale.

Elena Brilli

Se avete voglia di leggerlo tutto, il numero, WRITERS SPECIALE NATALE 2017 lo trovate qui:

https://drive.google.com/file/d/1709zSVyhmjKvC5fjzMQ1U9apIpODmZOq/view?usp=sharing

e qui:

Buon Natale a tutti!

10 Replies to “La messa di Natale (su WRITERS SPECIALE NATALE 2017)”

  1. sembra una ballata di Giorgio Gaber, ripiena (come il cappone) di cummenda e siore , un rito pagano che s’è sostituito ad un improbabile, ormai rito sacro, folclore e rappresentazione, se poi quel bambino, molti bambini al freddo al gelo, come dice una canzone per l’occasione, muoiono, pazienza, tanto mica vengono bilanciati da chi more a panza piena…penso al mangiapreti Stecchetti del …venite venite alla sacra bottega, che a prezzi di vendita vi scioglie e vi lega, fa spacci di meriti, cancella peccati, venite fedeli, sarete beati! pagata…pagate…pagate…

    delizioso sarcastico pezzo di teatro che smaschera l’apparenza e di nudo non resta certo il re, ma squallidi buffoni di corte..
    Bene Creatura bene, buon natale

    1. I tuoi commenti son pezzi di prosa già essi che attribuiscono alle mie parole informi dignità mai nemmeno creduta avvicinabile. Te ne sono infinitamente grata. Buon Natale, di cuore.

  2. e quel… si chiamava Andrea… mi ha in qualche modo ricordato “il Canto di Natale” di Dickens, per il suo contenuto sociale e di realismo poetico (l’emarginato onesto, ricco d’altro, l’attività che chiude, la disoccupazione, il precariato)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *